Tifo estremo, militanza estremista, culto della violenza e guerre. Giugno 2025
La commistione tra il culto della violenza e il tifo sportivo estremo o la militanza in gruppi pseudopolitici estremisti, si riflette in rituali collettivi, compiuti da soggetti che si identificano in un credo comune, che sta al di sopra dell’individuo, facendo manleva di ogni responsabilità personale. In pratica non conta tanto per cosa e per chi si fa il tifo (una squadra o un regime o un credo estremista), ma conta l’adesione totale che mette in campo la massima forza emotiva, creando un’alienante identità del singolo, che si riconosce solo nel gruppo di appartenenza. Nel mondo del calcio, ma anche in altri sport di massa, queste dinamiche sono esplicite e spesso accompagnate da violenza.
Anche nella politica estremista, basata sul consenso acritico e totale, si va incontro a fenomeni di massa sostenuti dalla manipolazione delle folle e mantenuti con la violenza contro chi si oppone. Nel ventennio fascista, ad esempio, il culto del Dux (condottiero) sfociava nell’annullamento dell’individuo, che diventava un elemento in funzione del “gruppo di camerati”, disposto a tutto in nome della comune supremazia.
Così nel tifo calcistico estremo, le squadre, i campioni o i capi-ultras, assumono un potere simbolico attraverso una maglia o lo stemma di una mitica squadra. E il mito non ammette la tolleranza degli avversari, che quindi diventano oggetto di violenza, fino a scatenare scenari da guerriglia urbana. Come il milite della legione romana, o il soldato di un battaglione, il membro “tifoso ultrà” si sente investito di un dovere di azione a sostegno del “corpo” cui appartiene, espressione di odio totale contro i tifosi rivali. Va in scena un’ipotetica battaglia degli uni contro gli altri, fino ad annullare l’individualità e la percezione di ogni responsabilità per i crimini commessi. La violenza può essere fisica e reale, nelle curve delle tifoserie o fuori dagli stadi, oppure virtuale, basata su immagini e parole con cui si tenta di colpire e ridicolizzare gli avversari sui social media della rete.
I cori allo stadio e i gesti aggressivi comunicano disprezzo per gli “altri” e velleità di potenza, simboleggiata da una bandiera. La violenza si nutre anche di avversione alle regole sociali civili. Allo stesso modo in ambito politico estremista sono tollerate solo le istituzioni che confermano la propria “fede”collettiva. Il gruppo si nutre di riti: adunate, derby, trasferte in massa, scontri e aggressioni agli avversari.
Il tratto che unisce estremismo politico e tifo sportivo esagerato è appunto un’appartenenza totale e militante che annulla ogni identità. L’appartenenza come fonte di potere e modo di essere, per sentirsi simili al “tutto” identificativo del gruppo, sono fenomeni comuni, sia nei regimi e nelle ideologie politiche totalitarie, sia nelle tifoserie sportive . Purtroppo, le stesse dinamiche da sempre si ritrovano anche tra i sostenitori di due parti impegnate in una guerra, con grave effetto sulle possibilità di dialogo e di risoluzione dei conflitti in essere. Che si tratti di individui , di gruppi o addirittura di popoli delle Nazioni, sono le armi o la forza bruta a predominare sull’esercizio della ragione. E per nutrire la speranza di un futuro migliore non ci resta che manifestare la nostra volontà di Pace ad ogni occasione, come individui e come Popoli della Terra.