ILARIA ALPI : 30 anni senza verità

 

A Trezzano Rosa la scuola Secondaria di primo grado è intitolata a Ilaria Alpi. Ma chi era Ilaria Alpi?

Ilaria nacque a Roma nel 1961 e, dopo aver studiato arabo all'università, grazie anche alla sua conoscenza delle lingue francese e inglese, decise di intraprendere il mestiere di giornalista. La sua attività ebbe inizio come inviata dal Cairo e successivamente divenne l’inviata speciale all’estero del TG3.
Ilaria era un’ottima giornalista, ma la sua carriera terminò a soli 32 anni: il 20 marzo 1994, si trovava in un albergo a Mogadiscio, capitale della Somalia, insieme al video operatore Miran Hrovatin, triestino di origine slovene.
Dopo aver parlato al telefono con la redazione del TG3, dicendo che aveva un servizio importante da mandare in onda, Ilaria ricevette una telefonata e subito dopo, insieme a Miran, decise di andare con un autista e un uomo della scorta all’Hotel Amana, dove però rimasero solo pochi minuti, per incontrare non si sa chi.
Quell’albergo era in una zona molto pericolosa, piena di uomini armati per la guerra civile in atto. All’uscita dall’Hotel, mentre stavano ritornando, la loro macchina fu circondata da alcuni uomini armati, che puntarono le armi, prima a Miran e poi a Ilaria, uccidendoli entrambi.
Ilaria Alpi si era recata a Mogadiscio per indagare su un traffico illegale di armi e rifiuti tossici tra Somalia e Italia. Un traffico che sembrava avere un’importante base a Bosaso, dove aveva soggiornato negli ultimi giorni.
Bosaso è una città di mare della Somalia dove sembra arrivassero pescherecci carichi di rifiuti, che ripartivano dopo aver caricato armi. E gente del posto diceva che in quel mare venivano gettati i bidoni di rifiuti, che andavano a fondo avvelenando le acque e le zone costiere.
Si diceva anche che altre centinaia di barili fossero stati nascosti sotto terra, con un grande scavo che andava da Bosaso alla città di Garowe, sotto una lunghissima e inutile strada, costruita proprio a questo scopo in mezzo al deserto, con soldi della Cooperazione internazionale.
Ma tutto ciò non fu mai provato, perché i taccuini delle interviste e i filmati registrati a Bosaso da Ilaria e Miram, per quel servizio giornalistico che non andò mai in onda, sparirono nel nulla dopo la loro morte.
A distanza di 30 anni, ancora non sono stati individuati i mandanti di quell’assassinio. Ma ora, dopo alterne battaglie a colpi di processi, inchieste, commissioni parlamentari, incarcerazioni, assoluzioni e richieste d'archiviazione, la ricerca della verità su questo caso riprende con una nuova iniziativa organizzata alla Camera da Walter Verini, della Commissione Antimafia, da Mariangela Graimer, portavoce di “Noi non archiviamo”, e da altri importanti esponenti della società civile, tra cui Guido D'Ubaldo, presidente dell'Ordine dei giornalisti del Lazio.
Grainer parla di "grande depistaggio" e ricorda come il "capro espiatorio" Hashi Omar Hassan, il cittadino somalo condannato per l'omicidio di Alpi e Hrovatin, sia stato poi assolto dopo sedici anni di detenzione e ucciso nel 2022 da una bomba collocata nella sua auto. Altri omicidi e morti dubbie sembrano delineare il tentativo di cancellare le possibili testimonianze. La nuova richiesta di non archiviare la vicenda si basa sull’esistenza di elementi utili a stabilire la verità.
Nel mese di marzo 2024, in occasione della “Giornata in memoria delle vittime innocenti di tutte le mafie”, tante iniziative sono state dedicate al trentennale dell'omicidio Alpi-Hrovatin, tra cui un murales, opera degli studenti del Liceo in cui Ilaria si diplomò nel 1980, inaugurato con la partecipazione di don Ciotti. Ricordare Ilaria Alpi non significa solo fare memoria, ma è un impegno civile a difesa dei valori della Costituzione, della Verità e della Giustizia, E in tutto ciò il coinvolgimento dei giovani è essenziale: per questo la scuola secondaria di Trezzano Rosa è intitolata a Ilaria Alpi.

 

            

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