Viso di pietra.    Agosto 2018


Agosto: tempo di vacanze, tempo di viaggi in luoghi sconosciuti, ma anche tempo di viaggi del ritorno ai propri luoghi d’infanzia o alle terre dei nostri genitori, dei nonni, dei parenti lontani o, come si diceva una volta, “degli avi”. Si torna anche per rivedere i paesaggi noti, rimasti più o meno nitidi nei nostri ricordi, spesso con una valenza di affetto o di nostalgia. A volte questi luoghi sono cambiati completamente e stentiamo a riconoscerli, ma i particolari più maestosi dei luoghi del ricordo rimangono ancora immutati, come presenze reali del mondo esterno che si riflettono fedelmente nelle rappresentazioni indelebili del nostro mondo interiore. E’ a una di queste immagini archetipiche, simbolo delle mie origini e del mio passato, che è dedicata questa pagina.

Il pittore Paul Cézanne in molti suoi quadri di paesaggi propone ripetutamente la raffigurazione di una montagna (la montagna Sainte-Victoire), come presenza muta ed eterna, testimone del tempo e della vita che scorre ai suoi piedi, essenza imperscrutabile che partecipa nel contempo dell’umano e del divino, definendo lo spazio intorno a sé. E il pittore ha sentito la necessità di rappresentare la sua visione di quella montagna, sempre uguale e pur sempre diversa.
Anch’io, quando ero giovane, dalla finestra della mia stanza vedevo in lontananza una montagna che non può passare inosservata: il Monviso. Lo si può vedere da molte località di montagna, collina o pianura del Piemonte. Con la particolare forma appuntita presenta a noi italiani il suo versante Est ed è il re delle Alpi Cozie. Il Monviso infatti è chiamato anche “Il Re di Pietra” perché, per chi abita vicino, non è una montagna qualsiasi, ma il Re delle montagne. E sul filo dell’immaginazione, il suo profilo sembra proprio il viso adagiato di un vecchio re, con una folta barba e con la corona sulla testa. Alto 3842 metri, è una grande piramide di roccia e ghiaccio su cui sono state tramandate varie leggende. Considerato per molto tempo il monte più alto delle Alpi, venne celebrato nella letteratura antica: è cantato per esempio da Virgilio nel X libro dell’Eneide, come Vesulus pinifer (Vesulo dei pini).
Per la sua visibilità di montagna, ben identificabile tra le altre vette minori, anche Dante e Petrarca lo indicarono col toponimo Vesulus, che ha significato di Monte Visibile.
Narra una leggenda che un tempo il Re Vesulo e Besimauda erano i regnanti di quelle valli piemontesi e che, come non di rado succede tra moglie e marito, un giorno ebbero un’animata discussione a causa dell’atteggiamento troppo compiacente tenuto dal Re nei confronti delle dame di corte. Vesulo perse le staffe e tirò un calcio a Besimauda, scaraventandola fuori dal reame. La regina, esiliata in malo modo dal suo regno, imprecò contro Vesulo talmente forte che gli Dei, adirati per tanto clamore, tramutarono entrambi in pietra.
Secondo un’altra leggenda invece, il Monviso ha proprio la forma di un viso (con occhi, naso e bocca) ed è re e padre dei monti intorno. Dietro di lui è il monte figlio, Visolotto, verso cui non volge mai lo sguardo, poiché, precedendolo come tacito esempio di forza e tenacia, gli indica silenziosamente la via da seguire, come era consuetudine per ogni buon padre piemontese.
Maestoso e generoso il Monviso dà origine al nostro più importante fiume: il Po, che con i suoi affluenti ha generato nel tempo dei tempi la pianura Padana, in cui ancora oggi io vivo.
E anche se dalla finestra della casa in cui ora abito non vedo più il Re di pietra, la mia mente sa che là, verso ovest, un viso di pietra vigila sempre sul mio destino.

                                   da “Annotazioni di Piera (=Pietra)

 

 

 

            

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